«Molti scrissero delle cose del Friuli»
Premessa storiografica
Nel corso del secolo XIX andò maturando anche in Friuli la coscienza dell’importanza di ricostruire, usando le parole di Occioni Bonaffons, la «storia friulana secondo i metodi migliori e attingendo ai documenti di archivio. Ma per far ciò validamente bisognava conoscere meglio che per innanzi la ricchezza e il valore dei depositi di antiche carte, sparsi per la provincia». A questo lavoro contribuirono bibliografi e bibliotecari come Giuseppe Valentinelli, Giuseppe Occioni Bonaffons, Vincenzo Joppi e Giuseppe Bianchi o storici come Prospero Antonini, i quali, alla paziente e faticosa opera di scavo in archivi e biblioteche, affiancarono una riflessione sul metodo storico che pone le basi per la decisa maturazione dell’identità storico-territoriale e culturale friulana.
Scrivendo la prefazione ai suoi Documenti di storia friulana l’abate Giuseppe Bianchi rileva, sulla linea di Occioni Bonaffons, «che la storia cominciar non debba che dal punto in cui cominciano a rinvenirsi i documenti, da cui essa riceve vita e nutrimento, e che ne costituiscono la base e il fondamento [per cui] stabilii di dar principio alla mia Collezione dal mille e duecento, e mi diedi con grande cura a ricercarli». E a chi a quel tempo dubitava dell’importanza della storia del Friuli, Bianchi ribatte che «essa è quella della nostra patria», facente parte per lui dell’Impero austriaco, ma idealmente connessa ad Aquileia, divenuta sede del Patriarcato emblema di tutte le memorie patrie.
Pur con un deciso richiamo all’appartenenza del Friuli all’Italia, alla medesima fonte aquileiese (e del Patriarcato) si richiama Occioni Bonaffons nei suoi Degli studi storici relativi al Friuli nel ventennio 1863-1882 (e poi nei due aggiornamenti: triennio 1883-1885 e decennio 1886-1895) per tracciare i confini storici geografici del Friuli «ossia il territorio tra Livenza e Timavo, e quindi anche il distretto di Portogruaro", "secondo i metodi migliori e attingendo ai documenti di archivio».
Dell’importanza delle fonti per dare alla narrazione storica «ogni fondamento e ogni credibilità» e dello stretto legame fra storia friulana e storia d'Italia scrive anche Vincenzo Joppi nel suo Delle fonti per la storia del Friuli (1880).
Sul valore degli archivi, infine, quali strumenti per «somministrarci le fonti storiche meglio accreditate» e sulla mancanza di giustificazione etnica, linguistica, culturale, geografica e strategico-militare della secolare divisione del Friuli in due parti – una inclusa nel Veneto e l’altra negli Stati ereditari degli Asburgo – si esprime Prospero Antonini nel suo Del Friuli ed in particolare dei trattati da cui ebbe origine la dualità politica di questa regione (1873). Su quest'opera ha scritto un'accurata recensione Occioni Bonaffons (vedi digitalizzazione).
Il ruolo delle bibliografie negli studi storici
La tendenza storicista - fondata sulla ricerca delle fonti da parte di cultori appassionati e sull’importante ruolo di istituzioni culturali locali, come l’Accademia di Udine, a cui si aggiungono istituzioni esterne come l’Accademia delle scienze di Vienna e l’Istituto veneto di scienze, lettere e arti - trova i suoi riflessi più chiari nelle Bibliografie di Giuseppe Valentinelli e di Giuseppe Occioni Bonaffons, e nell’instancabile lavoro di “spoglio di vari archivi” (Mor, Uno sguardo alla storia della storiografia friulana, 1972) e di edizioni di fonti di Vincenzo Joppi.
L'attività bibliografica di essi è oggetto di analisi nelle sezioni che seguono.