Francesco Florio e le sue opere

 


 
Cenni biografici

Figlio di Sebastiano Florio e di Lavinia Antonini, nacque a Udine l'8 gennaio del 1705. Frequentò le scuole prima dai Barnabiti e successivamente nel Seminario udinese, dove si fece notare dal patriarca di Aquileia Dionigi Dolfin che lo spinse ad intraprendere la carriera ecclesiastica. All'Università di Padova si laureò prima in lettere greche (1730) e poi in teologia (1732). Ottenuta la prima laurea, nel 1730, venne nominato canonico teologo della Chiesa di Aquileia.

Quando rientrò in Friuli, oltre a dedicarsi allo studio dei testi classici, si occupò anche di questioni pratiche, legate in particolare alla giurisdizione della diocesi di Aquileia, riuscendo a risolvere alcune controversie insorte con gli austriaci nella gestione di faccende della diocesi. Divenuto, così, il fiduciario del patriarca di Aquileia, si recò più volte a Roma presso la Santa Sede, dove strinse amicizia con importanti personalità quali i futuri cardinali Garampi e Orsi e l'abate Pietro Ballerini che, a nome della Serenissima, stava trattando le sorti del patriarcato di Aquileia. Francesco si battè strenuamente a favore di Aquileia, ma senza successo, tanto che nel 1751 il patriarcato venne soppresso e, in suo luogo, vennero istituiti i due arcivescovadi di Gorizia e Udine di cui Francesco fu nominato primicerio. 

Nel 1766 l'arcivescovo Giovanni Girolamo Gradenigo lo nominò vicario generale dell'arcidiocesi di Udine, carica che mantenne fino alla morte avvenuta a Udine il 16 marzo 1792.

 

Le opere

Scrittore prolifico, Francesco lasciò una produzione copiosa nei più svariati campi, pubblicata in buona parte mentre era in vita e in parte post mortem; sono, comunque, tuttora inedite numerose sue opere.

Appassionato sostenitore del patriarcato di Aquileia e dalla sua storia, collaborò con Giandomenico Bertoli e con Bernardo Maria de Rubeis nella stesura delle loro opere più importanti, le Antichità di Aquileia (1739) e i Monumenti della Chiesa Aquileiese (1740).

Nel 1748 Francesco pubblicò a Roma un'opera erudita incentrata sulla figura di un teologo spagnolo del V secolo, Bacchiarii monachi opuscula de fide, et de reparatione lapsi ad codices Bibliothecae Ambrosianae, nec non adpriores editiones..., che suscitò l'apprezzamento di studiosi quali il Gori e il Muratori e fu elogiata da papa Benedetto XIV.

La sua opera storica di maggior rilievo fu certamente la Vita del beato Bertrando patriarca d’Aquileia, stampata a Venezia nel 1759 da Simone Occhi.

Contro la politica giurisdizionalista di Venezia pubblicò nel 1766 lo scritto Le mani morte ossia lettera all’autore del Ragionamento intorno ai beni posseduti dalle chiese, in polemica con Antonio di Montegnacco e a sostegno dell'inalienabilità dei beni ecclesiastici che i giurisdizionalisti come Montegnacco ritenevano invece confiscabili da parte dello Stato senza il beneplacito della Santa Sede.

Fra le altre numerose opere di Francesco figurano diverse biografie elogiative (fra cui quelle di Francesco Beretta, Francesco Trento, del padre Sebastiano e del fratello Daniele) e alcune dissertazioni, rivolte generalmente alla difesa dei diritti della Santa Sede e delle posizioni antigiurisdizionaliste.

Sebbene gli incarichi ecclesiastici e gli studi storici ed eruditi assorbissero gran parte del suo tempo, Francesco riuscì a dedicarsi anche alla poesia e compose, fra l'altro, una Canzone sacra, lodata da Apostolo Zeno.