Daniele Florio e le sue opere

 

 

 

 
Cenni biografici

Nacque a Udine il 10 marzo 1710, figlio del conte Sebastiano e di Lavinia Antonini dei conti di Saciletto. Studiò presso i Barnabiti a Udine e si laureò all'Università di Padova in utroque iure (diritto canonico e diritto civile).

Insieme al fratello Francesco, fra il 1766 e il 1767, diede avvio al primo nucleo di quella biblioteca che, preservata con cura dagli eredi nei secoli, è oggi testimonianza unica della ricchezza della cultura friulana oltre che deposito di un universo di saperi - letterari, filosofici, giuridici, agiografici, teologici, storici, geografici e scientifici - a testimonianza della cultura europea più illuminata. 

Morì a Udine il 25 aprile 1789.

 

Le opere

Daniele mostrò presto vocazione per la scrittura facendosi conoscere nell'ambiente letterario udinese con alcune dissertazioni e orazioni. Del 1731 è la prima pubblicazione a stampa, Le prediche quaresimali del molto reverendo padre Agostino da Lugano ... ristrette in sonetti ..., cui seguì, nel 1732, l'Orazione funebre in morte di sua eccellenza il signor conte Antonio Manini.

Ma era la poesia il genere che più sentiva suo: nel 1734 diede alle stampe il poemetto in due canti Udine afflita e consolata che gli procurò diverse lodi in Italia e, soprattutto, a Vienna, dove si era recato proprio in quell'anno e dove, introdotto dal fratello Francesco negli ambienti letterari, aveva conosciuto diversi intellettuali e scrittori, fra cui il Metastasio. Il legame con la casa d'Austria orientò, da quel momento, gran parte della sua produzione poetica, con versi celebrativi di moltissimi avvenimenti legati alla dinastia asburgica. Tale produzione gli meritò, nel 1744, la nomina a ciambellano da parte di Maria Teresa.

Accanto agli avvenimenti legati alla vita pubblica e domestica degli Asburgo-Lorena, Daniele rivolse i suoi interessi alla celebrazione di vicende udinesi, producendo un grandissimo numero di componimenti per nozze, monacazioni, lauree e declamazioni accademiche. 

Si dedicò anche alla poesia scientifica (notevoli le due canzoni L'occhio e L'orecchio, Venezia, Simone Occhi, 1766, in cui rivela approfondite conoscenze di ottica e acustica e il poemetto Le Grazie, Venezia, 1766, pubblicato per le nozze di Giovanni Manin con Samaritana Dolfin, con numerosi riferimenti alla meccanica, all'astronomia e alle scienze naturali) e al dramma sacro con Il pastor buono per la solennità del Santo Natale. Azione sacra (Udine, Giambattista Fongarino, 1750).

Su stimolo del Metastasio, si cimentò, inoltre, nella composizione di un poema epico, Tito, ossia Gerusalemme distrutta, di cui completò però solo i primi tre canti (due pubblicati postumi da Quirico Viviani nel 1819) e parte del quarto.

Nel 1777 pubblicò la raccolta Poesie varie in due tomi (Udine, Fratelli Gallici) contenente testi già editi in precedenza ma in opuscoli isolati.

Fra i numerosissimi scritti di Daniele rimasti inediti dopo la sua morte spicca il poemetto satirico in ottave La moda, stampato postumo nel 1819.